"I fedeli (…) hanno il diritto e talvolta anche il dovere di manifestare ai Sacri Pastori il loro pensiero su cio che riguarda il bene della Chiesa e di renderlo noto agli altri fedeli." (Codice di Diritto Canonico, can. 212, §2-3)

"Sia la comunicazione all'interno della comunita ecclesiale che quella della Chiesa con il mondo richiedono trasparenza (…) per promuovere nella comunita cristiana un'opinione pubblica rettamente informata e capace di discernimento" (S.S. Giovanni Paolo II, Lett. Apostolica "Il rapido sviluppo" 24.1.05 n.12)

Un processo programmato

Il 9 giugno 1998, tre giorni dopo la sua nomina ufficiale ad arcivescovo dell’Aquila, S.E. Mons. Giuseppe Molinari convoca in Curia il cappuccino Padre Andrea D’Ascanio e gli consegna un plico della Congregazione della Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio, con il quale viene ufficialmente indetto un pesante processo a suo carico.

Il Comitato Internazionale pro Padre Andrea D’Ascanio ne ha ricostruito l’iter del quale offre una sintesi stralciando alcuni brani dagli Atti processuali.

Dalla sentenza assolutoria di primo grado canonico:

La CDF (Congregazione per la Dottrina della Fede n.d.r) fino all'inizio del processo giudiziario, aveva dato ascolto soltanto agli accusatori, la cui credibilità era fortemente avallata da S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo Coadiutore de L'Aquila, amico di alcuni dei principali accusatori e, tramite loro, degli altri.”

In realtà, il libello di domanda teneva in considerazione soltanto una parte dell'indagine previa, quella "di accusa" (cfr. atto del processo, n. 15). Invece, presso la CDF vi era un'altra documentazione "di difesa" (presentata da S.E.R. Mons. Mario Peressin, in data 24 giugno 1997) di cui il Tribunale ha avuto conoscenza formale soltanto in occasione della deposizione come teste di S.E.R. Mons. Mario Peressin (27 marzo 1999). In tale data il Presidente ha indicato al Notaio del Tribunale (…) d'incorporare tale fascicolo difensivo, di natura pre­giudiziaria, agli atti del processo penale giudizia1e, assieme agli atti "di accusa" provenienti dall 'indagine previa.


L’azione di Mons. Molinari


Marzo 1996: Mons. Molinari giunge a L’Aquila come Coadiutore. Riceve alcune persone che si sono riunite per accusare padre Andrea D’Ascanio e le indirizza all’Arcivescovo in carica Mons. Mario Peressin che, ben conoscendole, non crede alle loro parole e le definisce “persone senza scrupoli e di dubbia fede cristiana” (lettera che Mons. Peressin scrive alla CDF il 24 giugno 1997)


Mons. Molinari non concede un legittimo confronto


Padre Andrea D’Ascanio, avuto sentore dell’azione che si sta complottando contro di lui, il 27 novembre 1996 si reca da Mons Molinari, gli chiede un confronto con gli accusatori e gli lascia una lettera nella quale tra l’altro scrive:

Eccellenza Rev.ma e cara, (…) Non Le chiedo di prendere le mie difese, ma di esigere chiarezza. Mi ritenga a sua disposizione per qualunque confronto (…).

Il Vescovo Mons. Flavio Roberto Carraro, ex Superiore Generale dei Cappuccini, che ben conosce Padre Andrea, suggerisce anch’egli un confronto, come Mons. Molinari dichiara al Tribunale della CDF:

Teste Molinari: “Incontrai nell’assemblea della CEI, proprio in quell’anno incontrai Mons. Flavio Carraro, ex Superiore Generale dei Cappuccini e dissi anche a lui “Forse dobbiamo far qualcosa per…”, però anche lui – tanto bravo Padre Carraro – disse “Ma queste persone che hanno qualcosa contro Padre Andrea, facciano un confronto, lo dicano”. Ho visto che non era una strada percorribile neppure quella…”.

Lo stesso consiglio gli dà ancora il suo superiore mons. Peressin:

Teste Molinari: “(…) mi disse mons. Peressin, fai un confronto con lui…” (ib.)

Mons. Molinari non concede il confronto. Ignorando le direttive del suo superiore e il Codice di Diritto Canonico (can. 1419: “In ciascuna diocesi… giudice di prima istanza è il Vescovo diocesano”) si reca alla Congregazione per la Dottrina per la Fede.


La “strada percorribile” secondo Mons. Molinari


(Dalla deposizione di Mons. Molinari alla CDF):

Teste Molinari: ”Venni a chiedere un consenso, un aiuto, devo anche ringraziare, perché in quel contesto non potevo fare niente io come Vescovo coadiutore a meno di non avere uno scontro con Mons. Peressin…”

Presidente: Bene, quindi in pratica diciamo la decisione di rivolgersi alla Dottrina della Fede l’ha presa Lei?

Teste Molinari: … Ho detto io forse la strada potrebbe essere questa… un po’ così mi venne l’idea.”

(Dalla sentenza assolutoria)

S.E.R. Mons. Mario Peressin protestò dinanzi alla Congregazione per la Dottrina della Fede, per scritto e in un’udienza concessagli dal Segretario della CDF, S.E.R. Mons. Tarcisio Bertone, SDB, (…). Mons. Mario Peressin si lamentava veemente di non essere stato consultato, pur essendo lui il Vescovo diocesano, e del fatto che non fosse stata concessa al P.Andrea D’Ascanio la minima opportunità di difendersi”.


Mons. Molinari in cerca di denuncianti


Mons. Molinari si attiva per reperire i denuncianti, all’insaputa del suo Superiore:

La teste Alessia Zimei dichiara al Tribunale della CDF:

- “Quel giorno (il 7.11.1996) Mons. Molinari era venuto a trovarci a casa perché mi aveva detto: ti vengo a trovare a casa, non ti preoccupare di venire qui in Curia… l’8 novembre presentai al vescovo la mia accusa”.

La teste Anna Rita Belisari conferma al Tribunale della CDF:

- “Allora Molinari venne a casa mia, perché preferì non incontrarmi in Curia, venne a casa mia.


Gabriele Nanni


Padre Andrea D’Ascanio, nella lettera scritta a Mons. Molinari e consegnatagli personalmente il 27 novembre 1996, aveva scritto anche:

(….) C'è caso che tra i vari "accusatori" si presenti un certo Gabriele Nanni… è stato con noi 3 anni e poi si è inserito nella Pro Deo et Fratribus, una nuova struttura che riteneva più confacente. Pochi giorni fa ne è uscito per il "dovere di coscienza" di "denunciarmi", pur avendogli detto i suoi Superiori che non era giusto né opportuno quanto faceva...”.

Mons. Molinari, quattro giorni prima, aveva ricevuto e accolto in diocesi Gabriele Nanni.

Il pomeriggio del 23 novembre infatti Annarita Bellisari e Alessia Zimei erano andate a Civitella del Tronto per prelevarlo dall’istituto della Pro Deo nel quale si trovava da tre anni per presentarlo a Mons. Molinari:

Dalla deposizione di Annarita Bellisari al Tribunale della CDF).

Io gliene parlai il 23 novembre (…) andammo a Civitella a prendere Gabriele che fu accettato da Molinari perché era stato in sostanza licenziato dalla Pro Deo la mattina… e fu accolto da Molinari e mandato a casa Zimei”

Dalla dichiazione di Gabriele Nanni al Tribunale della CDF:

Senza bisogno di parlare molto di più mi chiese: “Che intenzioni hai?” “Io credo ancora nella mia vocazione” e mi chiese se volevo stare lì a L’Aquila. Io ero felicissimo. Quindi il giorno stesso cacciato da una parte, preso dall’altra”.

Il Vescovo manda il Nanni in casa Zimei, dove resta circa tre mesi (“lasciai di abitare a casa Zimei nel febbraio 1997”, dal verbale di Gabriele Nanni alla CDF), durante i quali vengono alla luce le sue due denunce e quelle di altre persone.

Mons. Molinari manda poi Gabriele Nanni presso il parroco di Sassa e dopo nemmeno due mesi - non rivelando la sua vera identità al Superiore Mons. Peressin - il giorno 31 marzo 1997 lo ordina diacono:

Dalla dichiarazione di Mons. Molinari al Tribunale della CDF:

- “Allora io ho detto a Don Gabriele “che dici, ti ordino domani oppure aspettiamo”, e lui mi ha detto: “forse se aspettiamo non capiterà più questa occasione”. L’ho ordinato… Dopo Mons. Peressin mi ha detto: “Mi hai tradito, io scriverò a Roma. Io farò annullare questa ordinazione…”.


La Legge della Chiesa dice:


Can. 407 – §1. Il Vescovo diocesano, il coadiutore e il Vescovo ausiliare si consultino tra di loro nelle questioni di maggiore importanza.

§3. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare, in quanto sono chiamati a partecipare alla sollecitudine del Vescovo diocesano, esercitino i loro compiti in modo da procedere insieme con lui di comune accordo”

Can. 1051 - §1. Vi sia l’attestato del rettore del seminario e della casa di formazione sulle qualità richieste per ricevere l’ordine…

Non c’è nessun attestato.

Can.1029 - Siano promossi agli ordini soltanto quelli che sono mossi da retta intenzione.

L’unica “retta intenzione” che Gabriele Nanni dichiara ai suoi superiori della Pro Deo è quella di andare a L’Aquila a denunciare Padre Andrea.


Mons. Molinari e i vertici della Chiesa


Dalla deposizione di Mons. Molinari alla CDF:

E so che alla Congregazione della Fede hanno fatto delle indagini, penso che Mons. Bertone si sia rivolto anche al Card. Sodano…”

Io alla Congregazione ho detto: posso assicurare la credibilità di queste persone.”

Nel novembre 1996 la teste Alessia Zimei viene ricevuta dal card. Angelo Sodano, Segretario di Stato, molto vicino a mons. Molinari, come dichiara il card. Bernardino Echeverria dell’Ecuador:

Dichiaro che il 12 novembre 1996 venne a trovarmi Alessia Zimei (…) presso la Casa Generalizia dei Frati Minori a Roma in Via Santa Maria Mediatrice, 25. Mi disse che voleva accusare Padre Andrea e l’Armata Bianca alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede e che sarebbe andata dal Cardinal Sodano Cercai di dissuaderla, ricordandole quanto aveva lavorato per questo Movimento mariano e l’affetto che aveva sempre dimostrato per Padre Andrea. La trovai irremovibile e mi sembrò strano come in pochi giorni si potesse cambiare in tale maniera e ancor più strano che si rivolgesse al Cardinale Segretario di Stato che non aveva nulla a che fare con la Congregazione per la Dottrina della Fede.(…) Bernardino Card. Echeverría Ruiz, OFM, Arcivescovo Emerito di Guayaquil”

Dopo l’incontro con il card. Sodano, la teste Alessia Zimei viene indirizzata a Mons. Tarcisio Bertone, segretario della CDF. Vi si reca accompagnata da Domenico Pelliccione, elemento di spicco nel complotto organizzato contro Padre Andrea e l’Armata Bianca:

Dalla dichiarazione di Alessia Zimei al Tribunale della CDF:

Presidente: “Lei è venuta in Congregazione”

Teste Zimei: “Don Aldo Bollini accompagnò il Pelliccione e me…

Da questo incontro viene fuori una denuncia perfetta, corredata da tutti i canoni, che viene inserita nel fascicolo in sostituzione della prima denunzia di Alessia Zimei.

Solo in seguito alla richiesta dell’Avvocato difensore, accortosi della sostituzione, la prima denuncia verrà reinserita tra gli Atti.

In egual maniera verrà reinserito negli Atti, su speciale richiesta del Presidente del Collegio, un ponderoso dossier di documentazione a difesa del Padre D’Ascanio da parte di Cardinali, Vescovi, Sacerdoti e laici che Mons. Peressin aveva prodotto a suo tempo e che era stata messa da parte proprio perché favorevole a Padre Andrea.


Ingerenza di S.E. Mons. Tarcisio Bertone


Il Tribunale convoca Mons. Bertone che non si presenta perché “era già intervenuto nell’indagine previa e nell’avvio della causa giudiziaria” (dalla sentenza assolutoria di primo grado).

Quindi Mons. Bertone ha “avviato” il processo e ulteriore conferma ne dà Mons. Eduardo Davino, Presidente del tribunale di appello ed estensore della sentenza di condanna:

Va ancora aggiunto che certamente la Teste Alessia Zimei in Congregazione ha avuto anche un colloquio con l’allora segretario S.E. Tarcisio Bertone”.

Il Segretario della CDF Mons. Tarcisio Bertone, nell’aprile 1997 non rimanda Alessia Zimei dal suo Arcivescovo - come vorrebbe il can. 1419 - ma dà inizio alla causa giudiziaria contro Padre Andrea D’Ascanio.

L’azione congiunta di Mons. Molinari e Mons. Bertone continuerà anche durante il processo come risulta dalle intercettazioni telefoniche disposte dai Carabinieri per l’indagine penale:

Vescovo Molinari: “Io ieri sera ho visto il Segretario della Congregazione …Bertone (…) e gli ho detto di affrettarsi il più possibile… io gli ho detto che gli mando copia dei documenti (…). Lui ha detto bè mandaci un po’…, vediamo il modo (…) Io ho detto: io voglio agire, e vi faccio sapere…” (19.12.99 ore 22.30. Nastro 3, telefonata n. 184 tra Rosa Pelliccione e Mons. Molinari).

Così si comprendono meglio le parole della sentenza assolutoria di primo grado:

Il Collegio sin dall'inizio del processo ha cercato soltanto di appurare la verità per fare giustizia, malgrado la consapevolezza del Collegio che una eventuale sentenza assolutoria del P. Andrea D'Ascanio difficilmente sarebbe stata recepita con soddisfazione dalle diverse Autorità che sono intervenute nell'indagine previa e nell'avvio dell'azione penale giudiziaria.


L’azione di mons. Molinari continua nei tribunali civili e penali


Nel 2000, prima che termini il processo ecclesiastico, Mons. Molinari attiva contro Padre Andrea D’Ascanio un altro processo presso il tribunale civile di L’Aquila per togliere all’Armata Bianca la struttura di Sant’Apollonia concessa in comodato ventennale dal suo predecessore Mons. Peressin.

Presenta come testimoni i soliti Domenico e Rosa Pelliccione ai quali affianca il cancelliere della curia Mons. Sergio Maggioni.

La sentenza condanna la Curia e dichiara i testi “falsi e inattendibili”.

Nel processo penale Mons. Molinari non si espone direttamente ma la sua azione affiora dalle intercettazioni telefoniche dei carabinieri e dalle dichiarazioni dei testimoni nel processo:

- Dalle intercettazioni telefoniche:

(19. 12. 99 ore 22.33 Nastro 3 telefonata n. 184 tra Rosa Pelliccione e Mons. Molinari)

Vescovo: Comunque… (…) io farò tutto il possibile, il più presto possibile… (contro Padre Andrea ndr)… Se serve anche la mia testimonianza, io sò disposto a venire”

(3.2.2000 ore 17.26 Nastro 23 telefonata n. 1794 tra Rosa Pelliccione e Mons. Molinari)

Rosa Pelliccione: Eccellenza le voglio dire che da Roma dal Sant’Ufficio mi hanno chiesto, Padre Ramos…

Vescovo: Sì (…)

Rosa Pelliccione: Eh, e mi ha chiesto vari indirizzi Eccellenza, anche di… ma questo resta tra di noi, anche di… di padre Candido…

Vescovo: Ho capito

Rosa Pelliccione: …delle suore di Anzio…

Vescovo: E quelle della Sardegna?

- Dal verbale dell’udienza penale del giorno 27.1.2003, testimonianza di Gabriella Parisse:

Parisse: Io sono stata invitata dal vescovo a fare la testimonianza

Avvocato: Da quale vescovo?

Parisse: Molinari

Avvocato:Dunque lei è stata invitata da Molinari a presentarsi spontaneamente (…)

Parisse: Si

Mons. Molinari delega altri a procacciare accusatori, soprattutto Padre Elia Giacobbe, ex passionista che ha accolto in diocesi e al quale fanno capo i denuncianti. Con loro e su loro indicazione Padre Giacobbe si reca a Foggia, a Potenza, a Napoli, in Sardegna. L’Arcivescovo viene costantemente informato:

(12.1.2000 Nastro 14 Telefonata n. 1101 tra Rosa Pelliccione e P. Giacobbe)

P. Giacobbe: “ Ho parlato con il Vescovo e lui vuole andare avanti con questo fatto vostro, per le cose, anche per conto suo.”

(19 1 2000 ore 10.05 Nastro 17 Telefonata n. 1361 tra Rosa e Domenico Pelliccione)

Rosa Pelliccione: “Così lui (il Vescovo) sa tutto, hai capito?… anche perché lui deve sapere tutte le cose nostre (...)”

TENENDO CONTO DELLE ASSOLUZIONI CHE SONO SEGUITE, DELLO SCANDALO CREATO, DEL DANNO PROCURATO AD UN INNOCENTE E ALLA CHIESA IL COMITATO INTERNAZIONALE CHIEDE LE DIMISSIONI DI S.E. MONS. GIUSEPPE MOLINARI